Sequestrato il patrimonio di Roberto Abate spa dopo la vendita dei supermercati e l’uscita di scena dall’economia locale. A deciderlo la sezione fallimentare del Tribunale di Catania. Rientrano nei beni posti sotto sequestro anche immobili, beni mobili e conti correnti.
Inoltre sono stati nominati Giuseppe Basile e Salvatore Virgillito come custodi: al momento il Tribunale sta esaminando la richiesta di fallimento del gruppo presentata lunedì scorso in udienza al pm Fabio Regolo. È passato poco meno di un meno da quando il Gruppo Roberto Abate aveva presentato una richiesta di Concordato “in bianco” al Tribunale.
«L’impossibilità di dichiarare il fallimento in pendenza del ricorso per concordato preventivo, tanto più in bianco, e in attesa del suo esito rende ancor più evidente e necessaria la previsione di un eventuale intervento di natura cautelare. A fronte di un ammontare dei debiti di oltre € 149.202.216,00, veniva sinteticamente prospettato un piano volto alla integrale cessione dell’attività commerciale, rappresentata dalla gestione diretta dei punti vendita al dettaglio, con pagamento integrale dei crediti prelazionari e in percentuale dei creditori chirografari, senza riferimento alcuno a eventuali cessioni già intervenute».
«Dalla situazione contabile aggiornata al 26.02.2019 le disponibilità liquide risultano essere pari a € 907.142,00, disponibilità che verosimilmente mal si concilia con i rilevanti introiti che la Roberto Abate ha registrato sia con la cessione del compendio immobiliare Etnapolis sia con le successive cessioni e affitti di ramo di azienda intervenute a ridosso della avanzata proposta di concordato», prosegue il documento.
«Le cessioni di asset aziendali, la mancanza di trasparenza in ordine ai relativi flussi di denaro, i comprovati pagamenti preferenziali, inducono a ritenere verosimile il compimento da parte della Roberto Abate di una complessiva operazione di volatilizzazione del proprio patrimonio che, unitamente al carente flusso informativo (che non consente al Tribunale di verificare e tracciare i dati acquisiti anche e soprattutto in ordine alla gestione del cash flow), induce a ritenere verosimile la sussistenza del “periculum in mora” in relazione alla integrità aziendale a discapito della garanzia patrimoniale dei creditori».